INTERVISTA – Il ritorno di Teheran: cosa comporta l’accordo di Vienna per il mercato energetico?
a cura di Piero De Luca per l’Istituto di Geopolitica.info
La Repubblica Islamica dell’Iran è il quarto Paese al mondo per riserve petrolifere accertate dopo Arabia Saudita, Venezuela e Canada. Sulla base di questa significativa premessa e del recente accordo di Vienna del 14 luglio scorso che comporterà una progressiva abolizione delle sanzioni economiche imposte a Teheran, Geopolitica.info ha intervistato Michele Marsiglia, Presidente di FederPetroli Italia, per chiarire quali potrebbero essere le ripercussioni della vicenda sul mercato energetico globale
L’accordo sul nucleare iraniano è stato raggiunto la scorsa settimana. Quali sono le possibili ripercussioni sull’economia italiana ed europea? Gli investimenti stranieri nel settore ripartiranno a breve?
Certamente la scorsa settimana a Vienna qualcosa è stato fatto ma il nostro settore attende e sta a guardare cosa succederà nei prossimi mesi, se non settimane prima di brindare e festeggiare, preferiamo usare un po’ di prudenza.
Quando parlo di Iran mi viene sempre da sorridere in prima battuta visto che con il mio pensiero a seguito di alcune parole sulla Repubblica Islamica e sull’allora Presidente Mahmud Ahmadinejad nel lontano 2008, fui etichettato come amico del Regime della Repubblica degli Ayatollah, con grandi polemiche.
Che FederPetroli Italia non sia stata mai d’accordo ad una politica di sanzioni è chiaro, certo e risaputo.
‘Etichette di fantasia giornalistica’ sono nate solo ed esclusivamente dopo la nostra apertura al dialogo con il Partito di Hezbollah in Libano per poter inizializzare alcune tematiche nel sud del Paese in merito alle risorse energetiche e, al nostro rapporto con la Siria per lo sviluppo delle rete di distribuzione carburanti e la ristrutturazione di alcune raffinerie.
Forse hanno interpretato una mia posizione di dialogo, come filo sciita, senza considerare che le posizioni personali e anche in FederPetroli Italia sono e, devono assolutamente essere di netta trasversalità di business e cooperazione all’interno del Medio Oriente, dialoghiamo con diversi Paesi e lo facciamo da anni.
Il risvolto economico sarà su scala internazionale visto la rappresentanza della Repubblica Iraniana in diversi segmenti economici.
Il nostro interesse è quello in primis dell’approvvigionamento di greggio, non trascurando la possibilità ed investimento nelle numerose infrastrutture da creare in Iran, parlo di raffinazione, giacimenti, gasdotti, oleodotti e delle reti di distribuzione nazionale di carburanti, ormai obsolete.
Riteniamo che in questo momento bisogna attendere delle linee guida chiare da parte di Teheran e, solo dopo analizzare investimenti e politiche economiche per le nostre aziende.
Prevediamo un periodo di sviluppo favorevole Italia-Iran.
Quanto tempo sarà necessario per il ritorno dell’Iran sul mercato energetico?
I punti dell’Accordo per la non proliferazione del nucleare sono chiari, in tema energetico l’Iran potrà essere privo di sanzioni ed altri limiti solo dopo la verifica da parte di ispettori dell’Agenzia atomica internazionale nel monitoraggio e verifica del rispetto sui punti ed articoli dell’Accordo. Questo vuol dire che se una sola virgola non viene rispettata, tutto salta.
E’ di qualche giorno fa la dichiarazione dell’Ayatollah Mohammad Ali Movahedi Kermani che ci sono richieste avanzate dalla Guida Suprema Ali Khamenei che non sono state accolte nell’Accordo di Vienna.
E’ preoccupante anche la posizione del Congresso americano per lo studio dell’Accordo e vedremo nelle prossime settimane come si pronunceranno in merito.
L’Iran detiene grandi riserve petrolifere in fase di sfruttamento e tante ancora da sfruttare.
Se si considera che dal 2011 parte di giacimenti sono stati marginalmente abbandonati ed ovviamente la poca manutenzione ha fatto si che la resa stessa del giacimento ha avuto un decremento sia operativo che economico/finanziario.
Sicuramente dopo pochi mesi di ripristino iniziale dei giacimenti in produzione, l’Iran già dal finire del 2015 potrà ripartire con le attività petrolifere sino a ritoccare i livelli di produzione pre-sanzioni di circa 4.5 milioni di barili al giorno, se non di più.
L’Iran ha toccato livelli di 6.2 milioni di barili al giorno ai tempi dello Scià e, sicuramente cercherà di riprendersi le quote di mercato e dare un input notevole alle casse dello Stato.
Il Ministro del Petrolio iraniano Bijan Zanganeh è una persona che stimo e la sua posizione di politica energetica internazionale ci fa ben sperare in una veloce ripartenza.
Non dimentichiamo una cosa importante ma che in pochi sanno, l’Iran ha greggio di qualità ma capacità di Gas Naturale ancora da sfruttare di notevoli dimensioni, è lì il nostro business del futuro, in un’area come quella del Golfo Persico e di altri Paesi OPEC.
FederPetroli Italia sta curando in questi ultimi tempi l’approvvigionamento del Gas Naturale Liquefatto (GNL), sicuramente analizzare il territorio iraniano sarà fondamentale per lo sfruttamento di giacimenti di gas naturale ed aziende che avranno bisogno di tecnologia per la ricerca e produzione.
Importante sarà pensare alle reti di collegamento logistiche come i gasdotti per poter creare un’interconnessione Europea come da linee guida dell’Energy Union.
E’ possibile ipotizzare, dopo le recenti tensioni politiche con la Russia, oltre all’instabilità dei paesi del Nord Africa, che l’Iran diventi il primo partner energetico per l’Europa?
Vedo la posizione dell’Iran e dell’Alto Clero Sciita delicata con l’approccio europeo.
L’Europa dell’energia ancora non esiste e con il Pacchetto dell’Energy Union varato pochi mesi fa a Bruxelles, ancora si fatica ad avere punti chiari.
Una Politica Energetica Europea di larga definizione deve essere quella di stipulare accordi ed Agreement di cooperazione economico-commerciale con diversi paesi, nella condivisione di una diversificazione energetica, intendo Russia, Iran e tanti altri.
Non possiamo fare preferenze, sarebbe una politica sbagliata oggi.
I 28 Stati Membri hanno linee di interesse diverso, certamente le politiche della Gran Bretagna e del Premier Cameron sono più delineate di quelle del resto d’Europa, nei confronti dell’Iran.
Bisogna considerare che l’Iran ha un greggio di ottima qualità per la lavorazione, usato fino a tempo fa da molte raffinerie europee ma anche Bruxelles deve decidere in che direzione andare.
FederPetroli Italia attende i risvolti che l’impegno internazionale dell’Italia con il Ministro Guidi ed il Ministro Gentiloni nella Missione a Teheran nella prima settimana di Agosto produrrà.
Alcuni analisti, ipotizzano una possibile collaborazione tra sauditi e iraniani per far naufragare definitivamente lo shale oil Usa, già messo duramente alla prova dalla rinnovata attività iraniana. Secondo lei è possibile?
Il Medio Oriente ha già vinto la sua guerra in tema di Shale.
Molti analisti in questo periodo stanno confondendo il mercato con previsioni ed altre osservazioni che con l’indotto energetico e la geopolitica di alcuni territori mediorientali non hanno nulla a che vedere.
E’ importante e non mi stancherò mai di ripeterlo che per focalizzare bene la fotografia geopolitica del Medio Oriente, le variabili da considerare sono tante: la guerra religiosa tra sunniti e sciiti, la presenza dell’Islam radicale e, di conseguenza le minoranze e maggioranze religiose che diventano parti politiche rilevanti per un dialogo.
Stiamo parlando di Paesi che pongono il più delle volte la religione come Legge, non si può pensare di annunciare dati e previsioni a caso, le “collaborazioni” che mi si rivolgono nella domanda, credo siano difficili.
Purtroppo il fenomeno Shale americano ha creato enormi danni industriali ed economici alle aziende USA, massicci investimenti per la ricerca e produzione di olio e gas da sabbie bituminose senza considerare un panorama petrolifero internazionale che stava mutando con una velocità diversa e con dinamiche di mercato instabili.
Questo ovviamente ha portato gli Stati Uniti a sfruttare le proprie risorse anche con tecniche petrolifere non convenzionali ed ovviamente a ricavare più gas ed olio ma, con costi esorbitanti, in un ‘game petrolifero’ di surplus di prodotto a livello internazionale e con delle limitazioni di vendita dell’export USA.
A questo non poteva mancare una politica di difesa dell’OPEC ad un fenomeno che si è riconosciuto e pensato potesse danneggiare i Paesi produttori di petrolio mediorientali.
Non vedo, almeno per ora quella ‘collaborazione petrolifera’ tra sauditi ed iraniani, anche perché Riyadh e altri Paesi del Golfo Persico hanno ben delineato le proprie politiche energetiche.
Che il Medio Oriente diventi un’oasi felice energetica potrebbe essere il titolo di un film, ma non realtà.
Il Medio Oriente ed il Golfo Arabico sono formati da Paesi diversi in ‘usi e costumi’, che ognuno faccia la sua parte liberamente, specialmente la Penisola Arabica dove ad oggi vi è un certo malcontento dopo l’accordo di Vienna. Sicuramente questa volta confideremo anche nell’aiuto divino di Allah!