Tribuna Economica intervista il Presidente di FederPetroli Italia – Michele Marsiglia sulle tematiche italiane del settore Oil & Gas con un focus sulla delicata situazione del Medio Oriente.
Michele Marsiglia, Presidente FederPetroliI Italia:“L’Italia non ha un piano di sfruttamento minerario Onshore ed Offshore ben delineato”.
– Presidente Marsiglia, oggi l’energia gioco un ruolo strategico in tutti i Paesi del mondo. Secondo il suo punto di vista: che cos’è l’energia, in quale forma dovrebbe essere ricavata e come dovrebbe essere spesa?
Il ruolo strategico ed energetico a mio avviso è rappresentato solo se il cosi detto Mix energetico, l’insieme delle diverse fonti di energia, fossili e alternative, si crea.
Oggi dobbiamo considerare l’Energia come baricentro delle attività che permettono la quotidianità della vita di tutti gli individui. Sicuramente le diverse contraddizioni su come ricavarla, sfruttarla e quale utilizzare non permettono un ottimale funzionamento di questo Mix.
– Quale sarà il ruolo del Gas Naturale nel futuro energetico internazionale?
Anni fa il gas era un di più che nelle nostre attività industriali di ricerca e sfruttamento minerario, solo in piccola parte veniva sfruttato, altrimenti era bruciato in atmosfera. Oggi, come industria petrolifera non solo riusciamo a catturare ed utilizzare il gas di giacimento per altri fini commerciali e negli stessi pozzi, ma cosa più importante, riusciamo a limitare la dispersione di gas in atmosfera, rendendo l’industria petrolifera sostenibile e adattandoci al meglio ai Protocolli di eco-sostenibilità mondiale.
Non dico che sia più importante del Petrolio ma il Gas è quell’elemento che dà la potenza di estrazione il più delle volte nei nostri giacimenti e piccoli pozzi, è diventato elemento fondamentale di utilizzo ed investimento, basta osservare la grande posizione attenzione che stiamo dedicando all’LNG (Liquefied Natural Gas), un gas naturale pulito, ecologico e di grande potenziale di risparmio per l’industria e le scale economiche di maggior consumo.
– Come vede l’attuale instabilità dei Paesi della Penisola Arabica e la delicata situazione Qatar?
Tutti sanno la mia vicinanza al Medio Oriente e per me è una seconda casa però, visto anche gli ultimi accadimenti, la situazione è alquanto delicata.
I Qatarini, sono sempre stati visti dall’Arabia Saudita con un occhio di osservazione particolare. Un Qatar produttore ed esportatore di Gas, grande riserve e grandi capitali. Un Qatar in un ruolo ambiguo religioso tra le monarchie saudite e la Famiglia regnante Al-Thani.
Dall’altra parte un’Arabia Saudita silenziosa in questi ultimi anni, che si presta ad un riformismo occidentalizzato ambiguo, in una delle patrie dell’ortodossia religiosa Wahabita.
Ma quello che stiamo assistendo da alcuni giorni è davvero preoccupante per l’intero Medio Oriente.
Un Regno Saudita che porta a far dimettere un Primo Ministro libanese sunnita come Saad Hariri, chiaro segnale per le forze di Hezbollah libanesi e, comanda un’operazione anticorruzione che porta all’arresto di un gran numero di membri vicini per discendenza alla famiglia regnante, con a capo ormai un giovane principe ereditario Mohammed bib Salam che vuole stravolgere le antiche tradizioni paterne con una lotta geopolitica che sta destabilizzando la situazione mediorientale.
Per chi conosce la Penisola Arabica da tempo, non eravamo abituati a questo.
Non ultimo un fenomeno da non sottovalutare, la delicata decisione di quotare in Borsa la Compagnia Petrolifera nazionale Saudi Aramco, dove ancora vi è un tira e molla su quando, come e perché e principalmente su quale piazza finanziaria quotarsi. Un’IPO (Initial Public Offering) da 100 miliardi di dollari in una Oil Company che produce più di 10 milioni di barili di Petrolio.
Una cosa è sicura, il Medio Oriente continua e sarà ancora per molti decenni, per noi del settore, il più grande hub petrolifero mondiale per riserve e qualità di idrocarburi.
… e la situazione libica?
Nel 2011 FederPetroli Italia è stata ascoltata dalla 10° Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera dei Deputati all’apertura della Crisi libica, sulla situazione degli approvvigionamenti e degli Asset strategici in Nord Africa. Purtroppo la delicata situazione libica si è protratta sino ad oggi con difficoltà di operatività enormi per le nostre aziende, non parlo soltanto delle Compagnie Petrolifere ma anche di migliaia di contrattisti che operano in Libia per la costruzione di infrastrutture per la ottimale messa in produzione dei giacimenti e delle pipeline e terminali di collegamento.
Da mesi la situazione sembra essere più tranquilla, almeno nelle grandi città, se tutto procederà come da programma, sarò in visita a Tripoli prima di fine anno per riprendere alcune situazioni di riapertura lavori, per delle nostre aziende che sono state vittime di questo forzato blocco produttivo.
La Libia è un paese stupendo, con immense riserve petrolifere e di gas ancora da esplorare, vuol dire che ci sono, ma devono essere sondate al 100%, ma ci sono, ed il tasso di successo di un giacimento è tra i più altri al Mondo, come per gran parte di Oil Location in Medio Oriente e parte del continente africano.
– Rientrando nel contesto nazionale, come si presenta la situazione Politica Energetica Nazionale e conseguente Strategia (SEN)?
Se sulle politiche energetiche internazionali siamo più ottimisti, il nostro pensiero è diverso sull’Italia, dove ancora oggi, anche dopo la presentazione qualche giorno fa a Roma di una ‘SEN’ da parte dei Ministri Calenda e Galletti, e dopo i numerosi incontri fatti al Ministero, come FederPetroli Italia riteniamo ce ancora in Italia: non esiste una Strategia Energetica Nazionale.
Un Paese senza una Politica Energetica manca di una delle componenti fondamentali per la propria economia.
Se abbiamo detto che l’Energia condiziona e guida la nostra vita, la quotidianità ed i consumi, si può ben immaginare senza una politica energetica, quale è la situazione.
L’Italia non ha un piano di sfruttamento minerario Onshore ed Offshore ben delineato, non si capisce quali energie alternative sfruttare e come, l’industria della raffinazione è continuamente sotto attacco ma è lì che quel famoso Petrolio viene trasformato in benzine e gasoli, una Rete Carburanti destrutturata ma che è il punto finale prima del consumatore, per non parlare di una politica di prezzo dei prodotti raffinati generali, che incidono notevolmente sulla Bolletta Energetica delle Famiglie italiane, ma nella nuova SEN di tutto questo non è citato assolutamente niente.
L’Italia ha ancora bisogno di conoscere l’Energia, i punti favorevoli, i risvolti occupazionali e anche i rischi. Si fa poca informazione e per questo anni fa lanciammo Operazione Trasparenza, un’iniziativa di FederPetroli Italia per far conoscere alla politica, alle Amministrazioni locali, ai cittadini ed altri cosa è l’Energia, il Petrolio ed il Gas in Italia. Diciamo che l’iniziativa sta continuando …..
– Come investono le società italiane del comparto al di fuori dei confini nazionali?
Il mercato estero ha avuto per la nostra industria una fase di incertezza dovuta alla caduta dei prezzi del Petrolio che hanno compromesso alcuni investimenti già in corso e scoraggiato e rallentato l’idea di entrare in nuovi progetti. Oggi la situazione si è per forza di cose stabilizzata, ovvero il ridimensionarsi per un Brent o Wti ad altri livelli ha fatto sì che le aziende operassero con un break-even completamento diverso per la valutazione degli investimenti. Ho sempre sostenuto che un ottimale prezzo del greggio dovrebbe essere dai 75 e 85 dollari a barile, per un periodo medio lungo che possa assestare le attività finanziare dei mercati interazionali borsistici e di operatività diretta.
La situazione di oggi però è caratterizzata da un’elevata volatilità e sono scomparse le forti influenze dell’Opec e di altre Organizzazioni mondiali, quindi il tutto è condizionato da una geopolitica internazionale che porta ad un monitoraggio nelle nostre aziende giornaliero.
Nonostante tutto però gli investimenti sono ripresi anche dopo questa “così detta Crisi”, l’Italia è coinvolta in gare petrolifere internazionali per lo sfruttamento delle risorse in acque profonde, nella realizzazione di opere infrastrutturali di interesse strategico con il Trans Adriatic Pipeline (TAP) e di altri Progetti di elevata potenzialità energetica.
– Viceversa, come investono le società estere in Italia?
E qui torniamo al segno negativo. La mia visione oltre che con FederPetroli Italia, è maggiore considerando la mia attività di Consulente per diverse aziende dell’Oil & Gas straniere. Questo mi ha portato negli ultimi 10 anni a confrontarmi con un sentiment che l’investitore estero ha nei confronti del nostro Paese.
Tutti sono entusiasti di investire in Italia, anche perché l’Italia, una cosa che pochi sanno, è un territorio ad altro potenziale energetico, vuol dire che essendo abbracciata dal mare, le riserve di gas metano ed olio sono considerevoli, la morfologia del territorio su terraferma negli ultimi 30 anni ha dato risultati sorprendenti, non solo in Basilicata e anche in altre Regioni. Però la domanda degli investitori esteri e la titubanza è sempre la stessa: tempi, riferimenti, interlocutori, ministri, commissioni ed altro.
Il Sistema Italia è difficile da far comprendere ad un’azionista di una Società dell’Oil & Gas, ad esempio britannica. L’azionariato di queste piccole e medie Oil Companies va dall’imprenditore alla casalinga, la visione di investimento azionario in paesi come gli Stati Uniti d’America o la Gran Bretagna sono diversi da quelli italiani, lo dimostra la percentuale di titoli negoziati al New York Stock Exchange o al LIFFE di Londra di normali consumatori. Questo più volte orienta le aziende a partecipare ad un bid-round in Libano o in Congo anziché in Italia. E poi la carnevalesca questione pugliese del TAP, ci ha reso famosi in tutto il Mondo. Un’opera di rilevanza strategica internazionale, un gasdotto che passa per diversi paesi e si blocca per le autorizzazioni……in Puglia! Barzellette italiane!!
– Lei rappresenta un comparto delicato e di difficile comprensione a livello “popolare”: può riassumerci alcune iniziative che rendono il mondo dell’energia interessante e vicino ai cittadini?
Dico da anni che dal nostro indotto un ‘mea culpa’ deve essere fatto, è proprio nelle comunità locali, nei territori rurali e in quel bacino che è l’Italia non petrolifera che l’informazione andava fatta e, come dicevo poco fa con Operazione Trasparenza FederPetroli Italia è riuscita a colmare, in parte, il gap che alcune comunità locali avevano, ma per colpa nostra.
Le faccio un esempio, se va in Texas, in Oklahoma, in Nevada, così come ad Abu Dhabi o in altri posti che potrei elencarle, anche un semplice cittadino che ha un modesto negozietto alimentare, sà cosa stanno facendo nella sua terra, che cosa è quel traliccio per perforare un pozzo. Quel cittadino conosce cosa si sta facendo, quale sarà il potenziale economico e quale sviluppo occupazionale porterà indirettamente per sé, per la famiglia e per la comunità dove vive. Non penso debba precisare che il Libia, in Libano, in Bahrein e nella Penisola Arabica non c’è bisogno di spiegare a nessuno cosa stiamo cercando, anzi sono loro che ci invitano!
Mentre in Basilicata il contadino ancora non sa cosa stanno facendo ed ovviamente il tutto, si traduce con la criminalizzazione dell’indotto petrolifero con l’appellativo di Petrolieri criminali.
Siamo vittima della nostra disinformazione e questo non può cambiare in due settimane.
Anche la casalinga deve sapere cos’è un pozzo o una piattaforma, deve conoscere la provenienza di quel gasolio o benzina che ogni mattina serve ad accompagnare un bambino a scuola. Deve sapere da dove arriva quel gas che permette di accendere un fornello di casa e, cosa più importante, deve avere la possibilità di dire la propria opinione sulle attività che interesseranno la sua comunità.
Questo è rispetto per il territorio! Non tutti però l’hanno compreso.