A cura del Presidente di FederPetroli Italia Michele Marsiglia – Questa è la Libia di oggi. L’Italia c’è, con ENI, ci siamo noi con FederPetroli Italia, seppur con grandi difficoltà, siamo lì, il problema è che non ci sono le Istituzioni
Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato: «Dal 2020 avviamo perforazioni nel Mediterraneo».
Oltre 60 miliardi di barili di petrolio di riserve certe ed ancora da produrre: questa è la Libia di oggi.
La prossima settimana sarà determinante, o almeno ci saranno forti segnali che aiuteranno ad analizzare gli scenari futuri Mediterranei. In attesa di domenica della Conferenza di Berlino, oggi la Turchia continua ad inviare militari in Libia ed il nostro Presidente del Consiglio Giuseppe Conte da Algeri ribatte l’inaccettabilità all’invio di altri militari nel Paese nordafricano.
Precisiamo che la Turchia, o qualsiasi altro Stato del mondo, con le proprie politiche di espansione è lecita finalizzare operazioni, nel nostro caso petrolifere, in qualsiasi location del mondo,quindi il nostro disappunto, o meglio la nostra titubanza sulle politiche estere della Turchia verso la sponda mediterranea di questi ultimi mesi, non deve essere interpretata come una ‘gelosia di giacimento’, passatemi questa espressione linguistica, ma bensì come una situazione ben più complessa.
Partiamo proprio da qui. Uno scenario di un mare di idrocarburo, povero di zolfo e quindi di ottima qualità per i processi di raffinazione, nonché per gli usi diversi delle economie quotidiane. Sicuramente, numeri alla mano, leggendo, si ha la sensazione di un suono astratto che fa ben capire quanto oggi la Libia sia un Paese che fa gola a tanti, parlo sia della parte Onshore interna al Paese che nelle acque mediterranee Offshore, in produzione attraverso piattaforme.
Osservando una delle tante cartine geografiche della Libia sul web, tutti possono vedere i giacimenti petroliferi operativi e produttivi o meglio semi-produttivi, per via della situazione, si vede che gran parte del Paese nordafricano è ancora vergine e da sfruttare.
Però oggi il problema della Libia è da affrontare in un altro modo, bensì con il coinvolgimento dei libici, e non tralasciando i libici. I problemi della Libia in questo momento sono gestiti da terzi, o quantomeno vogliono essere gestiti da terze parti: Turchia in primis, Germania, Russia e qualche altro.
Ed è proprio di questa mattina la notizia che le Nazioni Unite hanno già fissato per il 27 gennaio 2020 un summit allargato a tutti gli attori libici rappresentativi che farà da coda a quello di domenica 19 gennaio a Berlino. Questo è l’evidente segnale da parte di attori internazionali influenti che, con poche parole, hanno già bypassato il vertice di Berlino tanto voluto dall’Italia.
L’annuncio del summit del giorno 27 gennaio tanto voluto dall’inviato ONU Ghassan Salame, ha innescato subito le dichiarazioni della portavoce dell’Esecutivo tedesco, Ulrike Demmer, sottolineando che l’appuntamento di domenica «non sarà la conclusione», evidente segnale che porta già un’anticipazione di possibile scontento e fallimento.
La Libia da anni chiede il solo intervento dell’Italia, come unico interlocutore per un processo di democratizzazione e road-map verso la stabilità del Paese. Tutti sappiamo che per anni il partner principale e di fiducia della Libia è stata l’Italia, ed oggi purtroppo si è perso quel primato interlocutorio e strategico che faceva del nostro paese il ponte istituzionale attraverso il mediterraneo e toccava i Paesi del Maghreb, e parte del Medio Oriente.
Intanto lì c’è l’ENI che con contratti energetici strategici siglati sin dagli anni ’60 riesce a garantire, a gran parte del Paese, un fabbisogno di energia quotidiano.
Questa settimana ci ha coinvolti con FederPetroli Italia e principali attori industriali ed economici in diverse situazioni che sono state piuttosto calde per l’indotto e la diplomazia internazionale. Il vertice di Mosca, ha visto e, non c’erano dubbi da parte nostra, l’assenza del generale Khalifa Haftar al Tavolo delle trattative, lasciando il Presidente Fayez Al-Sarraj solo con i suoi delegati, ed in un imbarazzante momento che i media internazionali hanno ben cavalcato.
L’Italia però non è mancata sulla scena, ma in modo strano, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in una invasiva iniziativa diplomatica ha consumato più carburante aereo (è per noi dell’indotto è positivo) in questa settimana che nei due mandati di Governo, recandosi in diversi Paesi per poter creare un filo conduttore internazionale e portare al Tavolo del prossimo Vertice di Berlino di domenica 19 una squadra di sostegno ‘astratta’.
Un tentativo, un Vertice di prova, un secondo vertice organizzato dall’Italia dopo quello di fine 2018 a Palermo, un vertice che secondo noi doveva tenersi a Roma.
L’Italia si deve rappresentare al meglio, in questo momento la fotografia che viene prospettata all’estero è quella di un Paese, bacino del Mediterraneo, che cerca, senza riuscirci e facendo il famoso ‘giro delle sette chiese’, aiuto e supporto per una pace in Libia.
In questo momento in Libia non ci vuole la pace, perché un tentativo di pace, con una guerra in corso diventa una Guerra al quadrato. Oggi in Libia serve un arbitro che, in punta di piedi, pian piano, media nell’interesse delle parti, del popolo libico, delle tribù libiche e nell’interesse generale di un grande Paese.
Stiamo assistendo ad un controsenso di parole e fatti che nulla di positivo lasciano intravederenella nostra Politica Estera, sottovalutando oltre quelle turche, le chiare priorità strategiche dell’Eliseo in una Francia apparentemente scomparsa dalla scena di questi mesi.
La compagnia petrolifera francese Total, circa un mese fa, ha stretto un accordo con la compagnia petrolifera di Stato libica, National Oil Corporation (NOC), per lo sfruttamento di alcuni giacimenti nella zona di Waha, territorio ricco di idrocarburi.
Occhio che non vede, cuore che non duole……..anche in questo immenso Mare di Petrolio.
Link: https://www.lindro.it/un-mare-di-petrolio-oltre-60-miliardi-di-riserve-di-idrocarburi/