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    Milano, 18-03-2020

    Point-break: petrolio a 30 dollari al barile, la tempesta perfetta

    A cura del Presidente di FederPetroli Italia Michele Marsiglia – Crollo delle Borse, Brent a 33 $/b e WTI a 30 $/b. Tempesta perfetta con un titolo finanziario a rialzo principale che condiziona, in modo esponenziale, i mercati internazionali: COVID-19

    Solo ieri la Borsa di Milano ha bruciato oltre 820 miliardi di capitalizzazione e non sono da meno anche le altre piazze finanziarie internazionali con una chiusura di Wall Street in segno negativo di oltre 9.7 % e, di normale conseguenza il nostro spread che segue la scia dei mercati.
    Brent a 33 $/b e WTI a 30 $/b.
    Tempesta perfetta con un titolo finanziario a rialzo principale che condizionain modo esponenziale, i mercati internazionali: COVID-19.

    Da un’analisi e feedback da fonte FederPetroli Italia, solo in questi ultimi 15 giorni, massiccia la flessione non solo sul prodotto grezzo ma bensì ad effetto domino su gran parte di aziende energetiche e società dell’Oil & Gas internazionale che in settimana hanno perso più del 15 % sul monte titoli e quotazioni.

    Il fenomeno è esteso tanto da rimbalzare da una Borsa Valori all’altra, mantenendo un timing di vendita perfetto. Uno Shock Petrolifero che sia l’OPEC che il fantomatico OPEC Plus non è riuscito a tener testa, anzi, il conflitto che da tempo era nato e che stava sempre più maturando sull’attrito russo-arabico, in questi giorni è venuto a galla.

    Un conflitto geopolitico-petrolifero vivo da tempoproprio quello tra la Russia e la Penisola Arabica, dove Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti da giorni continuano a ‘bombardare’ con rilanci sulla modifica delle proprie quote di produzioni di barili giornalieri di petrolio, tanto da sconvolgere i mercati e mettere in crisi lo Shale Oil statunitense.

    Ed è proprio quello l’obiettivoeliminare la produzione di Shale Oil U.S.A., poi si pensa al resto. Da tempo l’obiettivo della Russia è stato camuffato da un intento saudita contro gli Stati Uniti d’America, ma questo, in parte, è stato solo un giusto alibi.

    La Russia e l’OPEC da tempo erano in guerra con i produttori di Shale Oil U.S.A., considerando che alla terra di Putin per raggiungere un proprio break-even, tra costi di estrazioni in Siberia e trasporto sul mercato europeo, nei conti economici basterebbe un Prezzo del Greggio a 25 dollari a barilementre per i produttori di Shale si è sempre detto che sotto i 35 $/B sarebbero collassati.

    Però l’egoismo di supremazia sovietica questa volta non ha fatto i conti sia con l’America che con l’Arabia Saudita. Secondo le parole del Ministro dell’Energia russo, Aleksandr Novak, «la Russia è forte delle proprie riserve in Valuta ed Oro della Banca Centrale e qualsiasi possibile perdita sui prezzi del greggio potrà essere compensata a budget, facendo restare l’industria petrolifera russa competitiva a qualunque livello di prezzo»

    Hanno sottovalutato la situazione, in primis perché Trump, per non perdere la propria attività industriale, potrebbe applicare politiche di ingenti finanziamenti alle aziende petrolifere impiegate nello shale oil, e poi perché la Russia non immaginava una discesa così brusca del prezzo del greggio che avrebbe solo portato buon vento all’Area del Medio Oriente.

    La combinazione Opec/Opec Plus sappiamo che non è stato mai un ‘fidanzamento’ economico, geopolitico e petrolifero ottimale, anzi, una convivenza stretta e difficile che solo per un’opportunità (russa) si è voluta far nascere, contribuendo insieme le due Organizzazioni a calmierare, seppur per poco, i prezzi dei greggi con una politica di taglio alle produzioni petrolifere dei Paesi membri, ma con forti umori discordanti.

    I sauditi in questo momentohanno approfittato, così come ad ogni crash finanziario o crisi, per incrementare la loro produzione petrolifera senza veto alcuno (come tempo fa avevamo spiegato su ‘L’Indro’), in questo modo da incrementare nelle prossime settimane la produzione fino a 12,5 milioni di barili al giorno.

    È da tenere a bilancio che l’Arabia Saudita non ha mai ben illustrato i reali costi interni di estrazione e produzione petrolifera, quindi il profitto potrebbe essere ancora più alto dei report esterni.

    La mossa saudita, tecnica ed intelligente in questo momento, è stata oltre a quella di innescare una crisi ribassista dei prezzi dei greggi, anche quella di prenotare ed approvvigionarsi di gran parte di petroliere nei mari internazionali in vista di forti esportazioni di greggio verso Europa ed altri Paesi asiatici in programma dalla monarchia saudita da Aprile.

    Riad sta sfruttando l’alta volatilità ed i prezzi dei noli e delle assicurazioni alle stelle per poter stoccare più prodotto è così detenere un potere petrolifero. Leadership che non è mai cambiata, ma semmai ha subito qualche flessione, anche in virtù della così intricata quotazione dell’azienda energetica di Stato Saudi Aramco qualche mese fa e dell’attacco a due importanti siti di raffinazione nel conflitto con lo Yemen e l’Iran.

    L’immagine oggi a cui stiamo assistendo è quella di un enorme tragedia epidemica che però mantieneseppur con poco risaltoil business, per nostro caso energetico, ad alti livelli di guerra economica e per le quote di mercato.

    Ogni buon player sta giocando e sfruttando la situazione, e se i mercati ci stanno prospettando una fotografia di continue perdite, dietro quei monitor e quei numeri, c’è qualcuno che ci sta guadagnando come non mai.

    Una Tempesta Perfetta per riconoscere ancora una volta il Medio Oriente e in particolare l’Arabia Saudita, ‘Regina Assoluta’ del Petrolio mondiale.

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