Editoriale L’Indro a cura del Presidente di FederPetroli Italia Michele Marsiglia – Abituati a stare in aree del mondo dove le emergenze sanitarie sono una consuetudine, i protocolli da attivare li conosciamo bene e li abbiamo applicati, senza interrompere l’attività
In questi mesi di clausura forzata e di disagio internazionale, in tanti mi hanno chiesto delucidazioni, o solo per un puro sapere tecnico, sucome le aziende petrolifere internazionali o, meglio, il comparto dell’Oil & Gas ha fatto fronte all’emergenza del coronavirus Covid-19.
Le domande si sono generate nella considerazione che il settore energetico, oltre a dover essere, come tanti, in produzione e lavorazione continua, è considerato anche un bene di necessità per il modo intero. Per dinamiche di politica industriale non permette, il più delle volte, lo stop di alcuni processi produttivi, parlo principalmente dei giacimenti in produzione di olio e gas e, specialmente, sulle piattaforme petrolifere Offshore, nonché delle strutture aziendali di uffici che sono titolate ad un ruolo prettamente gestionale.
Il nostro lavoro è concentrato molte volte in zone, regioni e Paesi esteri dove le emergenze sanitarie vengono vissute in modo diverso dalle location internazionali più globalizzate.
Per esempio il Medio Oriente e l’Africa, tralasciando i paesaggi di moda del momento come Dubai, Sharm, Nairobi, Zanzibar e tanti altri da copertina turistica, lasciati i siti principali, ci troviamo in zone dove la modernità fa ancora fatica ad arrivare.
In senso opposto, però, queste zone e Paesi sono toccati, complice anche il più delle volte le situazioni di guerriglia ed i continui ed ininterrotti conflitti, spesso da un alto rischio di epidemie, contagi vari e mancanza forzata di igiene.
Non ultimo, qualche settimana fa, proprio nella nostra vicina Libia, è stato interrotto il flusso di acqua e di energia elettrica per giorni, causando notevoli difficoltà alla popolazione, considerando che non parliamo di zone abitative desertiche o periferie con poche case, ma bensì della città di Tripoli, dove esiste una popolazione numerosa, oltre alle tante strutture che compongono una grande città.
Per questo le compagnie petrolifere e le aziende che operano nel settore hanno attivato i Protocolli di Sicurezza che già il più delle volte per altri casi si sono azionati, forti delle emergenze avvenute per il caso Ebola, Malaria, Sars ed altre con minore intensità.
Diverse compagnie petrolifere internazionali hanno disposto l’abbandono delle sedi, solo in Italia oltre 20 mila persone sono state collocate in posizioni presso la propria abitazione in regime di smart working e mantenendo i fondamentali presidi essenziali per l’operatività.
Questo, però, come dicevamo poc’anzi, non ha certo determinato il blocco delle attività e l’assenza dei ruoli chiave aziendali che, per contratto e responsabilità, devono essere, di più in queste situazioni, organi decisionali in una velocità di emergenza.
I lavoratori sulle piattaforme si sono alternati, adottando le misure di sicurezza, oltre a quelle già in atto quotidianamente anche senza pandemie, rispettando i protocolli con una maggiore attenzione.
Così come le raffinerie e i centri di trattamento che, operando senza stop, hanno garantito un approvvigionamento del prodotto necessario agli usi e consumi delle comunità attraverso le benzine ed i gasoli.
Quello che forse non si sa, o almeno non tutti conoscono, sono le situazioni che si vivono quotidianamente in altri Paesi, e che prendono nello stesso modo la denominazione di Emergenza.
Un lockdown mediorientale è una prassi, non solo, l’emergenza sanitaria in alcuni Paesi dell’Africa è quotidiana amministrazione.
Basta considerare la serie di vaccinazioni che il Ministero degli Affari Esteri dispone attraverso gli Uffici Passaporti per qualsiasi viaggiatore che o per lavoro o per vacanza desidera recarsi in zone con criticità sanitarie.
Certo è che l’emergenza Covid-19, per portarvi all’attenzione un esempio ancora più concreto, in Mozambico, dove stiamo operando per lo sviluppo di enormi giacimenti di gas naturale e poli di rigassificazione, l’effetto Covid associato al terrorismo islamico ha creato un mix che, per forza di cose, ha attivato i protocolli di emergenza, non solo per le aziende italiane che vi operarono, ma per l’intero indotto internazionale energetico, fino a che l’insieme delle emergenze non sarà rientrato.
In questi ultimi mesi, dialogando con tanti su questo argomento, tenevo a sottolineare come la nostra emergenza l’abbiamo vissuta nell’agio rispetto a tante altri parti del mondo, dobbiamo ritenerci fortunati.
Ma le mie parole e –lo comprendo– in questo confronto non sono state neanche considerate. Il ragionamento è quello di dire e pensare, “io sto nel mio e gli altri stanno nel loro”.
Certamente la situazione che c’è stata ha indotto la psicologia umana a questo tipo di risposta, ed è comprensibile, però è anche vero che fare la corsa al supermercato fa ridere quando in Libia in alcuni cittadine mancano i beni alimentari, andare a fare una passeggiata obbligatoria, fa ridere quando per rischio bombardamento devi stare rinchiuso in un seminterrato adibito a bunker e, fa ridere ancor di più che sugli scaffali di supermercato non si trovano i detergenti preferiti quando in alcune zone del mondo, e dove si trova il petrolio, non arriva per settimane acqua per la doccia o corrente elettrica e gas per gli usi quotidiani.
Ma di tutto questo, cosa ce ne frega, siamo in Italia, “gli africani e gli arabi sono lontani”, poi le prossime vacanze però le prenotiamo lì.
Sicurezza è una parola Sacra in questo momento, ma anche Coscienza non è da dimenticare!