Petrolio dell’ISIS sarebbe finito negli stabilimenti cagliaritani di Saras. Secondo l’analisi di Michele Marsiglia, Presidente di FederPetroli Italia: è evidenza oggettiva che ci sia in circolazione la volontà di colpire il sistema petrolifero italiano
Petrolio dell’ISIS sarebbe finito negli stabilimenti cagliaritani di Saras, società controllata per il 40% della nota famiglia di petrolieri Moratti. Il caso è scoppiato la scorsa settimana, dopo un servizio di ‘Repubblica’.
Di petrolio dell’ISIS in Italia non se ne parlava da un po’. Tema ben conosciuto da chi si occupa di terrorismo jihadista, che non scatena alcuna grande sorpresa in chi sa come l’ISIS è stato tra i gruppi terroristici che meglio hanno saputo strutturare e far funzionare l’ingranaggio interno dell’autofinanziamento.
La vicenda la ricostruiamo dalle agenzie di quei giorni della scorsa settimana.
Dobbiamo tornare indietro in pieno 2015, quando nelle raffinerie di Sarroch, arrivano 25 navi cariche di greggio, ufficialmente di origine irachena e provenienza turca. Secondo i documenti in possesso di ‘Repubblica’, a muovere il carico sarebbe stata la Petraco oil company, società con sede legale a Londra e con la sua principale filiale operativa a Lugano. «Dagli atti risulta che la società ha acquistato gli oli minerali dalla Edgwaters Falls, società delle Isole Vergini. Che a sua volta aveva comprato il carico da un’azienda turca, che, a sua volta, aveva acquistato il carico in Iraq, non e’ chiaro dove». Si scopre che la Edgewater è ‘una società di comodo’, off shore, di proprietà della stessa Petraco. Il carico, si scopre, non è mai passato dalla Turchia (come si legge sui documenti) ma è arrivato direttamente dall’Iraq, mosso prima dai curdi, e successivamente dai terroristi di Daesh.
«All’epoca il Kurdistan, approfittando del conflitto scatenato da Daesh in Siria e in Iraq, aveva dato corso alla commercializzazione del greggio estratto dai propri giacimenti in assenza di autorizzazione da parte del governo di Baghdad», scrivono i pm.
I movimenti bancari tracciati dalla Finanza tracciano percorsi che secondo i pm parlano chiaro.Saras bonifica circa 14 miliardi verso la Petraco Oil company. Da qui i soldi cominciano a dematerializzarsi, nella speranza che si perdano le tracce, secondo l’impostazione dell’accusa: ci sono bonifici verso una serie di società gemelle, compresa la Edgewaters. Le cifre importanti prendono però altre strade: un pagamento di 4 miliardi verso il governo federale curdo, e nello specifico verso il ministero dell’Economia e delle Risorse naturali: il petrolio era il loro. Qualcosa poi cambia e «i pozzi finiscono sotto il dominio delle milizie islamiche», ed è Daesh a quel punto a muoverlo. «Dalla documentazione acquisita presso la filiale tedesca di Unicredit è emersa un’operazione di storno di 60 milioni effettuata dalla Edgewaters al governo curdo. Si può ragionevolmente ipotizzare -continuano i magistrati- seppure siano in corso i necessari approfondimenti che la restituzione del denaro sia dipesa dal fatto che la proprietà del greggio, in quel periodo, non era più curda ma dell’Isis».
A conferma di questo ragionamento la procura di Cagliari porta un ulteriore elemento: «Dai conti Edgewaters ci sono altri bonifici per 3,6 miliardi di dollari, senza indicazione del reale beneficiario. Verosimilmente perché era inconfessabile».
In tutto questo affare Saras avrebbe ‘ammazzato’ il mercato, grazie a prezzi d’acquisto molto vantaggiosi, frodando il fisco per 130 milioni. La procura distrettuale antiterrorismo di Cagliari il 30 settembre scorso ha perquisito gli uffici della società a Cagliari e a Milano. Sotto tiro sarebbero finiti il Cfo, Franco Balsamo, e il capo dell’ufficio commerciale, Marco Schiavetti. Le ipotesi di reato vanno a vario titolo dal riciclaggio al falso, per finire ai reati tributari, riferiscono le agenzie senza ulteriori precisazioni.
Come naturale la società nega, «rigetta fermamente ogni accusa», afferma il Presidente Massimo Moratti. Il gruppo Saras, sottolinea Moratti, «ha una storia di creazione di valore basata sulla responsabilità, correttezza e trasparenza dell’operato delle proprie persone sia nel territorio in cui è radicata l’attività industriale sia a livello mondiale dove sviluppa i rapporti commerciali».
Secondo l’azienda, le indagini di Cagliari «sono il naturale seguito di notizie riferite già da tempo attraverso trasmissioni televisive, sui contenuti delle quali Saras ha tempestivamente agito ottenendo il riconoscimento delle proprie ragioni da parte degli autori. Saras ha fornito agli inquirenti e continuerà a fornire ogni forma di cooperazione all’accertamento dei fatti che, siamo certi, si sono svolti senza irregolarità di sorta».
Tra le pochissime voci a sollevarsi in difesa di Saras, quella di Michele Marsiglia, Presidente di FederPetroli Italia, che ha emesso una nota nella quale, tra il resto, sostiene: «La Raffineria Saras è una delle più importanti d’Europa ed in Italia da lavoro a molte aziende dell’indotto, oltre a produrre prodotti raffinati di ottima qualità, grazie al ciclo di raffinazione ed ai diversi greggi lavorati. Nel 2015 fummo stesso noi come FederPetroli Italia a diramare un comunicato dove si escludeva qualsiasi rapporto tra depositi e raffinerie italiane con il Daesh ed altre organizzazioni non ufficiali e terroristiche , ci sorprenderebbe apprendere di operazioni diverse. Seguiamo con attenzione le prossime fasi dell’indagine, sperando quanto prima che la Magistratura possa chiudere in positivo questa triste pagina economica del comparto energetico in Italia. Manifestiamo la massima vicinanza alla Saras e al management, e alle sue controllate. Nonchè la stima alla Famiglia Moratti nel ricordo che mi ha lega al dott. Gian Marco».
Una una sicurezza nelle affermazioni che chi ha avuto modo di seguire le attività ISIS si chiede da dove vengano, specialmente se tale sicurezza è espressa da un uomo conosciuto per vivere di ‘pane e petrolio’ come Marsiglia, uno che il settore, nel bene e nel male lo conosce molto bene. Abbiamo deciso di chiederglielo.
Presidente Marsiglia, Lei dice che esclude qualsiasi rapporto delle raffinerie italiane con Daesh. Quali elementi certi ha a Sue mani per poter sostenere questo?
Certamente FederPetroli Italia non è un organo di controllo come l’Agenzia delle Dogane, la Guardia di Finanza o altri deputati a questo, né tantomeno è nostro interesse farlo, però è anche vero, come abbiamo detto in un comunicato stampa anni fa, il Daesh o qualsiasi organizzazione terroristica non ha né partita Iva, né tantomeno biglietto da visita o carta intestata. I flussi petroliferi in arrivo ed in partenza, in particolar modo nello scarico di raffineria, sono super controllati, senza tralasciare che anche un carico su una petroliera, prima di arrivare a destinazione, passa da numerosi controlli di autorità competenti. Far viaggiare 100mila tonnellate di greggio in attività di contrabbando penso sia utopia. Poi qui non stiamo parlando del piccolo deposito di Marghera o di Civitavecchia, cito le location per puro esempio di snodo petrolifero costiero, parliamo della SARAS, uno delle più grandi, se non oggi la più grande raffineria d’Europa.
Poi ovviamente qualche anno fa, si è assistito a trasbordo di prodotto petrolifero libico nelle acque a largo di Malta con destinazione finale la Sicilia. Quella è stata riconosciuta attività di contrabbando ed ovviamente evasione di imposta, ma parliamo di quantitativi da bettoline (le imbarcazione che riforniscono le attività di bunkeraggio).
Ipotizza forse che ci sia la volontà di colpire il sistema petrolifero italiano?
Nessuna ipotesi, è evidenza oggettiva. E’ cosa certa che il nostro settore, quello chiamato dell’Oil & Gas, principalmente in Europa, si sta attenendo a delle direttive che portano ad una Transizione Energetica con attività di business più sostenibili, ma questo non vuol dire -e non mi stancherò di ripeterlo- che il petrolio sia morto e tanto meno l’industria petrolifera. In Italia, però, per tanti Stati esteri esiste un problema: abbiamo ad oggi tra le più grandi industrie petrolifere del mondo, parlo di ENI, di SAIPEM, di SARAS, per non citare altre medie aziende che contrattualizzano e lavorano per importanti progetti internazionali. A qualcuno tutto questo dà fastidio.
Lei è conosciuto per essere molto vicino a ENI, per essersi schierato con i vertici anche nei momenti in cui più difficile era farlo. Ora è sceso in campo per sostenere la famiglia Moratti e la Saras. Non teme di rischiare di apparire come colui che difende a priori il sistema petrolifero italiano? E davvero ritiene che il sistema sia tutto perfettamente ‘pulito’?
Ho spiegato più volte il perché della mia vicinanza ad ENI. Sono nato in ENI, anzi, in Agip Petroli, quello è il mio luogo di nascita. Conosco ENI dalla testa ai piedi e conosco la rigidità della struttura. Non ho difeso nessuno, anche perché non ho competenza forense, ho però manifestato vicinanza ai vertici in un momento difficile, poi se l’obiettivo è farmi parlare di Claudio Descalzi, oltre la stima e l’ammirazione, per me è punto di riferimento professionale (visto la sua carriera nel mondo del petrolio), è una persona per la quale nutro una forma di affetto e riconoscenza particolare. Ma questo è la parte personale.
La vicinanza effettiva è quella che abbiamo ritenuto manifestare con FederPetroli Italia, anche se non tutti la pensano nello stesso modo, ci sono aziende pro-Eni e aziende contro. L’abbiamo fatto perché viviamo anche con ENI, lavoriamo con le nostre aziende in diversi progetti.
E’ la stessa cosa con SARAS. Provate immaginare quante nostre aziende lavorano con una delle raffinerie più grandi d’Europa, quindi questi incidenti di percorso, portano ad una possibile perdita lavorativa, oltre, ovviamente, a tutti i risparmiatori possessori di titoli azionari che, per momentanee indagini giudiziarie, che più volte si sono risolte con un ‘…per non aver commesso il fatto…’, si ritrovano con i propri risparmi volatilizzati in una giornata di Borsa.
Difendo…. ci pronunciamo con qualche parola di supporto lì dove conosciamo l’operato di un’azienda, altrimenti è meglio tacere. Conosciamo Eni e conosciamo SARAS.
Ritengo che il sistema sia perfettamente ‘pulito’? Assolutamente no, lo sanno tutti. Il nostro come tanti altri.
Negli ultimi mesi abbiamo imparato che più si va avanti e più si scoprono sistemi marci e sporchi, come quello che in pochi avrebbero immaginato, il caso Consiglio Superiore della Magistratura insegna, peccato che alcune volte siamo stati giudicati e condannati da chi era più marcio di noi…..ma il tempo è Signore.
Saras ha firmato con i sindacati qualche giorno fa un piano di Cassa Integrazione per un migliaio di lavoratori, l’Azienda della Famiglia Moratti come primo motivo ha citato il calo dei margini di raffinazione. Quale è la situazione?
In questo periodo un’azienda che non aderisce alla CIG vuol dire che ha qualche problema, il mondo ha cambiato verso con questa pandemia. Sono CIG, si spera, momentanee. Anche in altri anni i margini di raffinazione sono stati in perdita, ma nessuno ha licenziato o attivato procedute di mobilità sociale. Oggi il calo dei margini di raffinazione è da interpretare in modo diverso, complementare al periodo Covid-19 che si sta attraversando.
Bisogna considerare che molte raffinerie in Italia hanno subito un processo di conversione Green ed altre non raffinano più, ma sono diventate grandi depositi logistici di stoccaggio, quindi Saras è una delle poche ad avere Topping (distillazione del petrolio nel processo di raffinazione) di grande quantità, se dobbiamo preoccuparci di crisi aziendali, SARAS è l’ultimo nei nostri pensieri.
Gian Marco Moratti, un uomo tanto amato ma anche tanto odiato ed associato alla figura del petroliere avido. Il cognome Moratti, ancora fa rumore.
Preciso però che non sono un’amante del Calcio e non so neanche come si tira una punizione. Fa rumore perché è un cognome importante nell’industria della finanza non solo italiana ma internazionale. Rispondo con un po’ di emozione per un ‘Signore’ che è scomparso poco tempo fa. Ho conosciuto il dottor Gian Marco nel suo ufficio/appartamento di Milano. Un ‘Signore’ di altri tempi, un’eleganza che ormai è fuori moda ed uso.
Certo, la figura del ‘petroliere’ per eccellenza, che però già anni fa guardava da lontano all’era Green. Mi ricordo con grande emozione che parlammo di quanto teneva alla Sardegna e all’Italia, delle origini petrolifere con il suo papà e la cosa che pochi sanno, già anni fa mi disse che aveva nel cassetto un Progetto per la cattura di C02, quell’anidride carbonica che tutti oggi criminalizzano. Poi ogni altro ricordo, preferisco custodirlo gelosamente e privatamente. Ma comunque devo anche a lui un Grazie.
Quali sono i danni che questa vicenda provoca sul sistema delle aziende che Lei rappresenta?
Una fuga di notizie mediatica, fa solo rumore sulla giornata della stampa e sulla giornata borsistica, se dovesse continuare, i danni si possono vedere presto. Certamente la Giustizia deve fare il suo corso, ma anche le aziende dell’indotto devo essere tutelate. Ci sono commesse avviate, ci sono nuovi lavori e nuove occasioni di business e non possiamo permetterci, specialmente oggi, di perdere terreno e competitività, nonché fatturato.
Quindi è convinto che l’Isis per il petrolio italiano è solo un lontano nemico?
Sono dell’idea che visto che il Medio Oriente sia la principale location petrolifera, sicuramente l’attenzione dell’indotto per l’approvvigionamento del prodotto deve essere alta. Ormai tutto fa inchiesta e tutto fa rumore, spero solo che certe inchieste si concludano al più presto.
Dario Scaffardi, Amministratore Delegato di Saras, oltre ad essere un ‘Gran Signore’ e, lui sa perché, è anche un top manager, sono sicuro e certo che queste sono piccole montagne russe a cui è abituato. Come ho detto più volte a quel Signore a San Donato Milanese: stima, ammirazione e .. ‘tenere duro’. Ma comunque parliamo di due fuoriclasse del management ‘petrolifero’, sanno bene quale è la strada da seguire. …..e noi siamo vicini. Invece la mia vicinanza personale è scontata ed ormai risaputa.