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MILANO finanza – In fiamme il greggio russo, Ucraina sotto accusa

Sono almeno otto i serbatori di petrolio incendiati in un presunto attacco di elicotteri ucraini a un deposito di carburante nella regione russa di Belgorod, poco oltre il confine. Lo riporta l’agenzia di Stato, Tass. Secondo cui il ministero russo per le emergenze ha inviato sul posto almeno 170 vigili del fuoco aiutati da 50 mezzi per spegnere il rogo, che viene descritto di notevoli dimensioni.

Gli abitanti delle case vicine al deposito in fiamme sono stati sgomberati dalle loro abitazioni. C’è il rischio che l’incendio al deposito di petrolio di Belgorod si diffonda a tutti i serbatoi. “Attualmente, otto contenitori di carburante sono in fiamme con un volume di 2.000 metri cubi ciascuno. C’è il rischio che le fiamme si diffondano”, ha scritto l’agenzia.

Intanto, il governatore della regione, Vyacheslav Gladkov, che si trova a est dell’Ucraina, sostiene che due elicotteri delle forze armate di Kiev hanno effettuato attacchi aerei a Belgorod che hanno provocato l’incendio nel deposito petrolifero della città. Le fiamme hanno avvolto i serbatoi di carburante del deposito.  A fine mattinata, la portavoce dell’aeroporto, Anastasia Golodova, ha aggiunto che l’infrastruttura di Belgorod non è stata danneggiata.

La notizia dell’incendio ha fatto risalire il petrolio Wti americano dello 0,5% sopra i 100 dollari al barile, mentre questa mattina il greggio perdeva il 2,5% e ieri il 7% grazie all’annuncio dell’amministrazione Biden che intende rilasciare la maggior quantità di riserve petrolifere della storia americana da aprile per sei mesi pari a 1 milione di barili al giorno. Intanto il dollaro sta perdendo forza sul rublo, guadagna l’1,4% a 80,37 raffreddando lo slancio delle ore precedenti e restando sempre vicino a quota 72 in cui si trovata lo scorso novembre prima che scoppiasse la guerra in Ucraina.

Quanto all’Italia, in caso di blocco delle forniture di gas dalla Russia, nel breve periodo una mano può arrivare da Algeria e Libia “grazie agli accordi che Eni mantiene da decenni. L’Algeria, che è un ottimo partner commerciale, ha già confermato grandi quantità sia di petrolio che di gas. E anche dalla Libia, che sta tornando a livelli produttivi più stabilizzati, non abbiamo problemi, così come dal resto dell’Africa: Angola, Congo, Nigeria, Mozambico”.

Lo ha detto Michele Marsiglia, presidente FederPetroli Italia, in un’intervista al sussidiario.net spiegando che “l’Africa, che è per tutti anche il nuovo Eldorado petrolifero internazionale, può sostituire la Russia se c’è una giusta politica di sviluppo industriale per l’approvvigionamento. In Africa, attraverso Eni, noi siamo operatori quindi vuol dire che i pozzi sono anche di nostra proprietà, anche noi vi abbiamo investito, quindi sul prezzo di produzione abbiamo voce in capitolo anche noi. Ed è quello che non succede con il gas che arriva dalla Russia o dall’Azerbaijan. Per poter calmierare i prezzi del gas bisogna essere proprietari di piattaforme e in Mozambico, per esempio, tra le principali aziende che operano nel Gnl ci sono Eni e Saipem”, osserva Marsiglia. Oggi Eni sale dello 0,6% a 13,37 euro, il titolo ha guadagnato +7,8% da inizio anno.

Adesso con la guerra in Ucraina il passaggio del gas dall’Azerbaijan avverrà soprattutto via Turchia ma “il problema è che la Turchia non rinuncerà sicuramente al passaggio di questo gas. Negli ultimi 5-10 anni si è data da fare per diventare un grosso polo petrolifero a livello internazionale, sia per le rotte sia per lo sviluppo dei depositi. Erdogan sta attuando una politica di espansione petrolifera anche in Libia, dove ci ha sottratto alcuni appalti, e questo ci ha causato diversi problemi negli ultimi due anni, quando l’Italia è stata politicamente un po’ assente dalla Libia. La stessa cosa la sta facendo al largo di Cipro”, avverte Marsiglia.

“Il Tap non si può rafforzare come infrastruttura, ma è possibile aumentare l’approvvigionamento dei terminali di arrivo e la capacità di trasporto del gas. Ci vuole però tempo: per far arrivare il Tap a una capacità di 20 miliardi di metri cubi di gas trasportato, il doppio rispetto a oggi, ci vogliono non meno di 5 anni”, sottolinea il presidente.

“I giacimenti del Mare del Nord non possono dare una produzione extra tale per cui potrebbe beneficiarne anche il nostro Paese” e in questo scenario complesso” Eni è la nostra fortuna energetica e lo è ancora di più in questo momento: con i rapporti internazionali che ha coltivato, è diventata una delle prime compagnie petrolifere a livello mondiale, operando in più Paesi, tanto che su Medio Oriente e Africa siamo, come Italia, più coperti rispetto ad altri Paesi”, conclude Marsiglia.

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