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Il GIORNALE d’ITALIA – Gas russo e sanzioni dopo l’attentato al Nord Stream, Marsiglia (FederPetroli): “Price Cap antieconomico, le sanzioni fanno male a noi” – ESCLUSIVA

Il Giornale d’Italia ha sentito il Presidente FederPetroli Italia, Michele Marsiglia che commenta gli ultimi avvenimenti in fatto di gas: “Sanzioni antieconomiche per l’Europa, ma teniamo in considerazione un hub energetico in Turchia

A seguito dell’attacco al gasdotto Nord Stream l’Europa e l’Italia hanno completamente cambiato prospettiva di calcolo sul rifornimento energetico. Il Giornale d’Italia è stato a Bornholm per sondare i metodi in cui sono state condotte le indagini relativamente all’attentato al gasdotto e proprio ieri sono giunte le immagini dell’attentato. Ma dopo l’attentato al Nord Stream e dopo l’apertura (e la successiva chiusura) del gasdotto TAG del Tarvisio per i bombardamenti su Kiev che, a detta del governo ucraino, rendono difficoltosi i rifornimenti energetici verso l’Ue, l’Europa deve cambiare prospettive di calcolo. Ma c’è davvero alternativa al gas russo? E quanto fanno male le sanzioni al comparto petrolifero ed energetico in generale? Il Giornale d’Italia ha sentito il presidente della FederPetroli Italia, Michele Marsiglia.

Presidente, qual è la sua posizione in merito alle sanzioni alla Russia?

Come FederPetroli Italia siamo stati sempre contrari, come successo con l’Iran anni fa. Un indotto produttivo non giudicherà mai positivo un processo sanzionatorio. Vuol dire blocco di un mercato e di un commercio estero, in questo caso. Mancanza di profitti e guadagni.

Cosa pensa dell’attentato ai due gasdotti Nord Stream?

Non siamo militari ma industriali del petrolio però i paesi dove operiamo ci portano a confrontarci quasi quotidianamente con i servizi di sicurezza interni ed esterni. Da una serie di considerazioni generali deduciamo che con questo colpo si è tolto un grande mezzo per dare gas all’Europa da parte della Russia e un altro elemento importante è che adesso il gas l’unico punto da dove può transitare è l’Ucraina. Penso sia chiaro che non sia stata la Russia, fino a prova contraria.

Ha sentito che Mosca aveva riaperto al gas verso l’Europa?

L’apertura di volontà c’è stata da parte di Putin negli scorsi giorni durante il vertice di Astana. Accogliamo positivamente questa notizia. E teniamo in considerazione anche la formazione di un possibile Hub energetico in Turchia, per noi paese strategico già da anni per le politiche e logistiche dei traffici petroliferi internazionali.

Il gas avrebbe dovuto percorrere il Transgas e poi entrare dal Tag, il gasdotto a Tarvisio. Adesso che il Nord Stream ha cessato di funzionare tutto sarebbe dovuto transitare per i vecchi gasdotti europei che passano per l’Ucraina. Ma Kiev ha annunciato la chiusura del “gas all’Ue” affermando di essere stata bombardata sulle strutture energetiche. Adesso che si fa?

Penso che il danno esposto da Kiev sia stato già riparato. La scorsa settimana alcune nostre persone di riferimento nella zona mi hanno riferito che nonostante la guerriglia continua con armi leggere e pesanti, i gasdotti sono ben sottoposti a regimi di protezione e tutti sono bene attenti a non toccare le infrastrutture strategiche. Con questo voglio dire che in questa guerra, dove l’idrocarburo fa da padrone, ci pervengono in Europa anche news non sempre veritiere in ambito energetico.

In che condizioni è il rifornimento di gas italiano da altri gasdotti?

Fortunatamente come approvvigionamento diverso lavoriamo attraverso il TAP (Trans Adriatic Pipeline) che ci porta il gas dall’Azerbaijan o il Transmed che dall’Algeria, passando dalla Tunisia ci fornisce del gas con punto di approdo in Sicilia. Oltre alle varie navi di LNG (Liquefied Natural Gas) che si ancorano, una volta arrivate in Italia ai tre rigassificatori.

È vero che la guerra è incrementato il prezzo del gas e dell’elettricità in generale, ma molti economisti indicano l’aumento del prezzo anche prima. Secondo lei quale potrebbe essere la causa?

L’aumento di alcune materie prime si è verificato già dopo la prima ondata di Covid, tra questi il gas. Certamente le situazioni belliche in un contesto di paesi produttori di idrocarburi, come la Russia, portano dei grossi aumenti di prezzo. Non dimentichiamo però che i mercati internazionali e la forte speculazione hanno terreno fertile in queste situazioni di criticità internazionale.

È da tenere in considerazione anche che oggi i mercati dell’energia sono cambiati, dovremmo adeguarci ai forti rialzi o agli shock delle materie prime anche in futuro.

Recentemente si sta puntando il dito verso le modalità di gestione del mercato spot di Amsterdam: secondo alcuni legare il prezzo ad un titolo finanziario anziché alla materia prima, non ci esporrebbe a eventuali speculazioni?

Chi dice questo non sa di cosa parla e di confusione in questo periodo ce ne è tanta. Le Borse merci o gli Stock Exchange in generale sono istituti economici regolamentati e non possiamo amarli quando si guadagna e odiarli quando si perde a ribasso. Il TTF (Title Transfer Facility) di Amsterdam l’abbiamo voluto tutti. Come esiste a Londra per il greggio o altre Borse a livello mondiale.

Il problema sta nell’avere una risposta a qualsiasi forma di speculazione violenta, in questo momento l’Italia o meglio l’Europa ne è priva. Questo è il problema, non i mercati finanziari.

Dal momento che l’energia è il motore della nostra economia, la base per garantire posti di lavoro e produttività al paese, il tentativo di scollegare il prezzo dalla materia prima e legarlo a un titolo finanziario, non equivale ad un attentato alla sicurezza del paese?

Come dicevo, il problema è saper dare una risposta alle crisi finanziarie e ai mercati con operazioni economiche di difesa. Manca tutto questo, notiamo una povertà di politica economica internazionale specialmente europea.

L’Algeria rifornisce l’Italia ma intanto combatte insieme alla Russia…. Quanto è credibile secondo lei il piano di approvvigionamento messo a punto da Cingolani?

Il problema è la stabilità degli accordi siglati tra Africa e Medio Oriente per il rafforzamento della produttività ed approvvigionamento di gas per l’Italia. Con FederPetroli Italia già da mesi avevamo manifestato qualche perplessità, conoscendo questi paesi e sperando che tutto, oltre alle strette di mano, fosse andato come previsto, ma con qualche perplessità. Qualche giorno fa l’Algeria ha annunciato che non riuscirà a rispettare gli accordi sulle forniture di gas all’Italia. Non siamo veggenti ma il problema è stato da tanti sottovalutato.

Lei crede nel Price Cap? 

Siamo e sono assolutamente contrario dal primo giorno. Un tetto al prezzo di qualsiasi prodotto è anti-economico. Ripeto, la cura non sta nel limitare un prezzo ma bensì nel saperlo contrastare con operazioni di mercato in difesa e di copertura.

Se proprio si vuole stabilire un tetto al prezzo del gas, l’esempio è la Gran Bretagna. Il nuovo Premier Liz Truss, appena insediata ha messo un price cap alle bollette delle famiglie ed aziende inglesi, questa è un giusto uso del price cap. Salvaguardare il tessuto produttivo e del consumo di una nazione. Il Price Cap è di pochi in Europa e fallimentare. Le conseguenze solo a parlarne si vedono già.

Lei crede nel potenziale dei rigassificatori?

Certamente, sono infrastrutture che un paese deve avere per una giusta Politica Energetica. Con FederPetroli Italia anni fa ci siamo sempre battuti per la costruzione e l’utilizzo di altre infrastrutture nel nostro Paese.

Ma non era meglio ricevere direttamente il gas dalla Russia ed evitare di riscoprire tanta etica proprio durante la guerra in Ucraina? Non mi pare infatti che con la guerra di Libia l’Italia e l’Europa si sia fatta problemi. In quell’occasione l’Italia perse anche molto del rifornimento del greggio libico, lei cosa ne pensa?

Penso esattamente quello che Lei ha detto nella domanda. Questa guerra, oggi, ci porta a farci tante domande e spesso le risposte sono difficili da ottenere. Come Settore Oil & Gas in circa l’80% di paesi dove operiamo sono interessati da conflitti bellici, vedi la Libia come da Lei citata, però, tutto quello che sta succedendo con il conflitto russo-ucraino, non si è mai visto, neanche in Medio Oriente, parlo da parte dell’Europa.

Tutto questo è convenuto? Secondo FederPetroli Italia assolutamente no. Un paese sanzionato, la Russia che, sta guadagnando di più che senza sanzioni. Una barzelletta europea.

Secondo lei quali altri gasdotti potrebbero portare in Italia la materia prima?

Ci sono progetti per la costruzione di nuove infrastrutture di collegamento dall’Africa, dal Medio Oriente, dal Bacino Mediterraneo che sono ferme da anni. Si parla, ma non si va avanti. Se non si investe in strutture energetiche, non riusciamo a sostenere la competitività internazionale e, staremo sempre diversi passi indietro nei confronti di un mondo energetico in continua espansione. Ad oggi si è potuto solo potenziale quei pochi esistenti come il Tap.

Dal momento che il prezzo della materia prima sta aumentando già da molto tempo prima della guerra, almeno dodici mesi, Lei pensa che reintroducendo lo stesso quantitativo di gas da parte di Gazprom il prezzo diminuirebbe?

Sicuramente un flusso di maggior pompaggio dalla Russia, riporterebbe oggi le quotazioni su una nuova stabilità anche se, il mercato dell’energia internazionale oggi viaggia su volumi diversi da quelli di un anno fa.

FederPetroli Italia che problemi sta riscontrando da quando è cominciata la guerra?

Le nostre problematiche non sono diverse da altri settori. Quello che posso dire e che l’indotto dell’Oil & Gas internazionale da noi rappresentato non vuole escludere la Russia. Operiamo in un Mondo, ovvero quello del petrolio che non è locale ma bensì Globale, non possiamo abbandonare investimenti in diversi paesi. La guerra è un’azione negativa, ma noi dobbiamo pensare al business e a quello che FederPetroli Italia fa da anni: le Relazioni Istituzionali nazionali ed internazionali per grandi appalti petroliferi, viaggiando su binari paralellei con la politica e la diplomazia internazionale.

Faccia un paio di proposte libere. Appelli o auspici.

L’auspicio è quello che oggi l’Europa non resti un club a sé stante. L’Italia principalmente è il paese hub del Mediterraneo per l’energia mondiale, stiamo perdendo una grande occasione di leadership e di sviluppo. Se noi ‘petrolieri cattivi’ possiamo fare la nostra parte, il lavoro grande adesso devono farlo la Politica e la Diplomazia internazionale……cosa che non si sta facendo. Speriamo a giorni qualcosa cambi!

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