L’aumento del costo dei carburanti dipende principalmente dalla fine dello sconto statale sulle accise. Le quotazioni del petrolio fanno prevedere nuovo rialzi
Nessuna speculazione, l’aumento del costo del carburante è principalmente dovuto al rialzo delle accise. Un rincaro che proseguirà nelle prossime settimane perché il mercato deve fare i conti con diversi elementi di criticità, tra i quali l’impossibilità, a partire dal 5 febbraio, di comprare prodotti raffinati dalla Russia. “Sono 30 centesimi più Iva – dice Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia -, ma in questo momento è tanto e va a incidere sulla gestione delle famiglie e delle imprese”.
Presidente, davvero in questo momento l’aumento della spesa per i carburanti non dipende dalla speculazione?
Per quello che sta succedendo oggi in Italia secondo noi la speculazione non c’è. Se facciamo riferimento all’ultima settimana, al periodo dall’inizio di gennaio, il problema è lo sconto. Già a novembre era stato quasi dimezzato fino a togliere 30,5 centesimi relativi alle accise che il Governo Draghi aveva inserito sei mesi fa. Se andiamo a vedere i prezzi che c’erano vediamo che da 1,625 euro del costo della benzina verde di tempo fa con lo sconto ora siamo su 1,787: sono le accise che sono state rimesse. Bisogna considerare però che c’è anche l’Iva, che non è fissa, ma varia secondo il costo del prodotto.
Il prezzo del greggio comunque non è ancora stabile.
Ci sono altre due cose da considerare: il greggio sta avendo delle oscillazioni, sia il Wti che il Brent. Quest’ultimo ha preso due punti ieri, oggi scesi di uno: due punti condizionano il mercato generale che è indicizzato dal Platts, questa grossa agenzia inglese che dà indicazioni di prezzo sui carburanti in relazione a quanto le raffinerie dovrebbero far uscire il prezzo dei prodotti raffinati, benzina e gasolio. Tutti ci atteniamo a quel prezzo. Poi non so se c’è qualcuno che ha fatto il furbo mettendolo a 2-2,5 euro come stanno dicendo: noi non ne abbiamo. Se guardiamo le medie nazionali il primo gennaio si sono toccati i 2 euro, ma ci può stare, dipende a quanto si è acquistato; a 2,5 bisogna andare a chiedere a chi lo ha fatto. Occorre poi considerare che c’è l’Antitrust, non è che si può mettere la benzina a 50 centesimi in meno.
I benzinai, quindi, non possono aumentare il prezzo se non di poco?
La sera prima ricevono sul computer il prezzo consigliato a cui si devono attenere. Le compagnie petrolifere possono dare un’indicazione, ma fatta su una normativa dell’Osservatorio prezzi del ministero per lo Sviluppo economico. Per quanto riguarda le pompe bianche, quelle che non sono di bandiera, la benzina è la stessa delle raffinerie, arriva sempre dalle compagnie petrolifere; o fanno un consorzio e comprano una nave dall’estero o vanno dall’Eni o da altre compagnie petrolifere e siccome hanno costi minori e non una rete di distribuzione, prendono e “riempiono a tappo”, caricano il camion che hanno e cercano di ottenere il prezzo migliore possibile, cosi possono avere più margine. Ma anche loro devono attenersi a una regolamentazione del prezzo. Non c’è speculazione.
Sul mercato sta incidendo anche il prossimo blocco dei prodotti raffinati in arrivo dalla Russia?
L’indotto della raffinazione da anni non è messo bene, occorrono grossi investimenti. Molte raffinerie lavorano dei prodotti, ma se hanno convenienza li comprano all’estero. Tanto di questo diesel e carburante veniva dalla Russia: dal 5 febbraio non possiamo più comprarlo. Per questo in Europa le raffinerie hanno fatto tabula rasa in questi mesi, si è comprato a nastro qualsiasi cosa. Tutto ciò ha fatto aumentare i prezzi dei prodotti raffinati, dando una scossa al mercato. Il blocco dell’importazione dei prodotti raffinati dalla Russia sballa comunque il mercato generale, anche per chi non li acquista: si alzano i prezzi. Russia e Medio Oriente sanno che l’Europa sarà carente di gasolio, le raffinerie devono acquistare dall’estero, questo sta portando stravolgimenti. Il costo del greggio è ancora basso, negli ultimi giorni è andato a 72 da 80 dollari al barile. Una speculazione internazionale c’è, ma c’è sempre stata, è una legge del mercato. Gli aumenti dei prezzi ora però dipendono principalmente dalle accise reintrodotte.
Dobbiamo aspettarci ancora un aumento del prezzo del carburante?
Sì, nelle prossime settimane dobbiamo aspettarci un aumento del greggio. L’Opec finora ha tagliato le quote di produzione per far aumentare i prezzi. Adesso lo stravolgimento delle quotazioni influirà sui carburanti. Tra l’altro il prezzo di 80 dollari al barile per l’indotto petrolifero non è un prezzo ottimale: abbiamo fatto degli investimenti quando era a 120.
Caleranno anche i consumi?
I consumi di gas sono andati giù: le aziende ne hanno acquistato di meno. Speriamo che non succeda stessa cosa con i carburanti. Però c’è già stato, da oltre quattro giorni, un grosso aumento dei prodotti alimentari, perché i trasporti sono fatti con il carburante. Famiglie e imprese sono ancora in grandi difficoltà per pagare la bolletta energetica. Se la situazione non si risolve e se non arrivano sussidi, il problema sarà anche quello dei carburanti. E non vorremmo arrivare al punto da tenere il carburante nelle raffinerie perché non ne vendiamo più. D’altra parte, non giudichiamo negativamente il reinserimento dei 30 centesimi: la politica economica di uno Stato non può sospendere qualsiasi tipo di tassa. Quando c’è stata questa manovra del Governo Draghi avevamo detto che era una tachipirina, non era la soluzione del male. E comunque c’è stata per sette mesi. Lo Stato ha perso più di un miliardo al mese. Questo è debito pubblico che si ripercuote su altre cose. Il problema è che reinserendo anche “solo” 30 centesimi più Iva, in questo momento è tanto.