Dopo anni di Covid e altrettanti di guerra russo-ucraina oggi la situazione petrolifera o meglio, considerando l’Economia Circolare, quindi energetica dell’Europa ed in particolare dell’Italia, verte ancora su diverse falle che continuano ad ostacolare lo sviluppo di un’autonomia di criterio e di infrastrutture che renderebbero la nostra nazionale ‘quasi’ o certamente più autonoma.
Lo stato dell’arte è quello che ad oggi, da un osservatorio sull’economia reale da parte di FederPetroli Italia, dopo la grande problematica del gas vissuta appena un anno fa durante le festività estive nel mese di agosto, dove il costo di un kw/h alla Borsa TTF di Amsterdam superava i 380 euro, oggi tra accordi in prospettiva del Piano Mattei per l’Africa e, aggiungerei per il Medio Oriente, voluto dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, tanto si è fatto, tanto si è acquistato, tanto si è immagazzinato nei nostri serbatoi ma alla fine poco si è costruito in campo infrastrutturale, se non la nave “Golar Tundra”, semi rigassificato ancorato nel porto di Piombino che, dovrà comunque attendere i vari step dei giudici amministrativi del TAR del Lazio in merito ai ricorsi presentati da diverse forze e comunità contrarie all’infrastruttura.
Quindi se in questi mesi o meglio anni di manovre governative italiane ed europee si è parlato di infrastrutture strategiche, poco o niente si è fatto.
Anche in merito alle nuove concessioni di trivellazione e di produzione di petrolio e gas a terra e nei mari italiani tanto annunciate dal Governo, ad oggi, è tutto fermo.
Resistenza che si è generata dalle mancate opportunità che avrebbero nel giro di circa tre anni, ridotto le aziende dell’Oil & Gas deputate alle operazioni petrolifere, sul lastrico.
Se consideriamo che il costo di perforazione, estrazione e produzione, nonché le fasi di ricerca preventive alle operazioni, generano costi che non avrebbero permesso alcun guadagno su lungo periodo, considerato il costo volatile del gas e gli scenari energetici internazionali futuri.
Oggi anche il mercato del petrolio è sempre più volatile, molte quotazioni di aziende sulle principali Borse valori internazionali attendono il “momento giusto”, senza però ancora sapere quale è e, se veramente ci sarà.
Con questa guerra anche l’investitore sia privato che istituzionale è diventato sempre più scrupoloso, attento alle politiche distruttive aziendali degli Extraprofitti, una parola priva di significato.
Esistono i Profitti e se più sono meglio è per l’azienda e per il suo azionariato, ma tassare un profitto, vuol dire automaticamente togliere dividendo all’azionista e mancanza di politica aziendale.
L’Europa ha deciso così e molti investitori energetici si sono rifugiati in altre aziende di altri settori, purtroppo però anche il finanziario ha dato le sue sorprese, vogliono tassare i profitti anche delle banche.
Manovre e decisioni pensate a nostro parere da persone prive di competenza e di una politica economica ed industriale.
Abbiamo comprato tanto gas, ma non abbiamo prodotto gas, stiamo comprando tanto petrolio ma non produciamo petrolio, in Italia ovviamente.
Siamo privi di una Strategia Energetica. Per questo ad ogni emergenza diventiamo l’ultima ruota del carro, disperati a stringere accordi pur energetici come causa di sopravvivenza. Ma l’Italia ancora la lezione non l’ha imparata.
Il Gas l’abbiamo pagato tanto, tra Stati Uniti d’America ed Africa, il petrolio lo stiamo pagando tanto, forte anche le criticità che con FederPetroli Italia vediamo sulla situazione delle raffinerie in Europa e su quelle poche rimaste in Italia.
Non possiamo lavorare i prodotti che importiamo e tanto meno produrli, quindi il costo della Bolletta Energeticha per famiglie ed imprese sale sempre di più, aumenta in un mercato che non è da noi gestito, ma come Italia sia solo il finale della catena.
L’OPEC, trasformatasi in OPEC+ con l’ingresso della Russia in questi ultimi anni ha giocato un ruolo di player mondiale, gestendo con un piano di politica industriale e petrolifera, le quote di mercato e la politica dei prezzi.
Decisioni concordate tra i Paesi del Medio Oriente membri dell’Organizzazione viennese, forti della propria produzione petrolifera mondiale e incentrati su un piano per far sì che il petrolio e il costo anche dei greggi internazionali come WTI statunitense e BRENT per la parte europea potesse, su binari paralleli aumentare giorno dopo giorno.
Un crescendo di punti percentuale, giocando principalmente sulla confusione che regna a Wall Street sulle politiche del Medio Oriente.
Di conseguenza i costi dei carburanti, specialmente in Europa sono lievitati ed in Italia, si sa, forte della componente fiscale di Accise ed Iva, da un prezzo industriale finito delle benzine sotto l’euro, si arriva ad essere tra i più cari in Europa.
Il problema arriverà tra qualche giorno o tra qualche settimana, purtroppo l’attenzione (specialmente quella italiana) sull’energia è alquanto sciocca.
Ci si preoccupa quando bisogna fare il pieno, ma quando si arriva al mare o in montagna il prezzo del gas che aumenta e il costo del petrolio che sale diventano un lontano ricordo, perché in vacanza non si bada a queste cose.
Ma anche le vacanze finiscono e ottobre ed i riscaldamenti arrivano, con grande preoccupazione visto i pochi incentivi governativi a favore di aziende e privati.
Quindi oggi ben vengano le operazioni che stiamo portando avanti in Mozambico per il GNL, Egitto, Congo, Angola, Algeria, Emirati ma parliamo sempre di estero, tanti accordi ma poche attività.
Ormai non siamo più in un’Economia normale e semi stabile come 20 anni fa, siamo in un mondo economico internazionale che viaggia a ritmi da seguire giorno dopo giorno, dove il mercato non lo fa la Politica ma le persone e la SPECULAZIONE, quella parola che spaventa a tanti ma che nel nostro mondo permette alle aziende e all’imprenditoria di produrre Guadagno, anche in quella che oggi non è più una situazione altalenante e negativa ma per chi ancora non riesce a comprenderlo, è una vera CRISI ENERGETICA.