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    Roma, 28-03-2014

    “Bisogna sfruttare i nostri giacimenti” intervista Il Sole 24 Ore di Robero Bongiorni

    «La politica energetica nazionale deve essere completamente rivista. Non è accettabile che un Paese industrializzato come l’Italia importi dall’estero l’80% del gas e del petrolio che consuma. Occorre agire subito. A nostro avviso la soluzione è lo sfruttamento delle ricche risorse energetiche nazionali». Michele Marsiglia, presidente di Federpetroli, Federazione petrolifera indipendente e non sindacale che rappresenta diversi Settori dell’indotto petrolifero sia nell’upstream che nel dowstream, non usa mezzi termini. «Ho già scritto che in Italia si rischia il default energetico, le aziende abbandoneranno gli investimenti».
    Nessuno dubita che la nostra dipendenza energetica ci rende vulnerabili. Ma ridurla non è facile, né rapido.
    Oggi l’Italia produce meno dell’8% del suo fabbisogno energetico di idrocarburi. Se si sbloccassero i cantieri si arriverebbe a una quota del 16-17% del nostro fabbisogno energetico in un solo anno. Ci sono un centinaio di pozzi bloccati che attendono solo di essere avviati.
    Il 17% è un traguardo ragguardevole, ma non è certo sufficiente ad affrancarci dalla dipendenza della Russia.
    Immaginiamo di poter spazzare via le lungaggini burocratiche e le opposizioni ambientaliste. Ecco, con una politica lungimirante riteniamo che in 10-15 anni potremmo arrivare a produrre il 49% del fabbisogno energetico di oil and gas. Abbiamo molti giacimenti inesplorati, ma certi, nelle nostre acque. E altri in acque internazionali vicini alle nostre. Ci si concentra invece solo all’estero e si finisce per perdere un patrimonio prezioso.
    Non sarà facile vincere la diffidenza degli ambientalisti.
    In verità, le nostre relazioni con le associazioni ambientaliste sono improntate a una politica di rispetto reciproco e costruttivo. In Italia è piuttosto la burocrazia che sta strozzando lo sviluppo di risorse energetiche in un contesto fatto di piccoli pozzi, caratterizzati da un’estrazione sicura e un basso impatto ambientale. Se la situazione è deteriorata, se esiste un pregiudizio generalizzato, la colpa è di tutti, anche dell’indotto petrolifero. Manca una comunicazione con gli enti sul territorio, un’operazione di trasparenza che permetta di portare a conoscenza i vantaggi che potremmo ottenere da un piano di sviluppo delle nostre risorse. Dal 2011 noi stiamo contribuendo a un piano per la definizione della politica energetica nazionale.
    Ma piattaforme e impianti offshore sono viste ancora con forte sospetto da buona parte dell’opinione pubblica.
    Prendiamo, per esempio, il giacimento di Ombrina Mare, una piccola piattaforma alta solo 8 metri a una profondità di 20, con una pressione molto bassa. Sarebbe un impianto sicuro, con un controllo capillare del suo funzionamento.

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