Shale gas, il presidente di FederPetroli Marsiglia ad Affari: “L’Italia non sarà mai come il Texas. Sì alla cautela, no alla paura”
di Rosamaria Freda
Ultimamente se ne sente spesso parlare, ma in realtà pochi sanno tecnicamente cosa sia. Parliamo dello shale gas, anche detto gas da argille, un idrocarburo gassoso che si estrae attraverso la tecnica del fracking e che potrebbe essere – a detta di molti – l’ultima frontiera del mercato energetico mondiale. In America dilaga, ma in Italia siamo fermi. Sono molti i dubbi sulle conseguenze ambientali legate all’estrazione di questo gas, ma quali e quanti sono i benefici? Affaritaliani.it lo ha chiesto ha al presidente di FederPetroli Italia, Michele Marsiglia.
Se ne parla tanto ma pochi sanno cosa sia realmente lo shale gas. Ce lo spiega?
“Da non confondere con lo Shale Oil, stessa tecnica ma ovviamente elemento diverso. Lo Shale Gas è un idrocarburo gassoso che si estrae da scisti bituminosi, da argille di strati rocciosi sedimentari. E’ idrocarburo intrappolato in segmenti di microporosità dello strato roccioso. Piccole particelle e, viene estratto con una tecnica di frantumazione idraulica chiamata Fracking e, tanto incriminata. Ci sono rocce che non hanno un’ottima permeabilità come nei giacimenti convenzionali, quindi abbiamo bisogno di stimolare la fuoriuscita dell’idrocarburo (petrolio e gas) in modo “non convenzionale” ma, con qualche aiuto. Utilizziamo una trivella (o scalpello), dopo aver perforato in verticale, inizia un percorso deviato. Perforazione orizzontale e poi frantumazione delle rocce. Piccole fessure nella roccia dove siamo arrivati con l’avanzare della tecnologia. Penso che ai lettori farà più piacere l’ultima versione”.
Quali sono i benefici economici legati a questa nuova fonte energetica?
“Il beneficio maggiore è quello di poter sfruttare i giacimenti di idrocarburi nel pieno delle potenzialità e, riuscendo a massimizzare i profitti legati ad un giacimento. Bisogna considerare che fino a pochi anni fa, un giacimento (insieme di pozzi) veniva definito “marginale” ad un certo livello di produzione, oggi la vita del giacimento con nuove tecniche è più lunga, e quindi, economicamente parlando, abbiamo un’economicità diversa e più redditizia”.
Parliamo della puntata di Report sullo shale gas andata in onda qualche giorno fa che lei ha definito ‘disinformativa’. Nel servizio sono emersi chiaramente i pericoli legati al fracking, sia per l’ambiente che per la salute umana. Si è parlato di una possibile connessione tra le trivellazioni e i terremoti e di contaminazione delle falde acquifere. Ha la possibilità di rispondere riportando su binari di obiettività e correttezza le informazioni sullo shale gas. Ci spiega perché dovremmo stare tranquilli?
“Vado con ordine. Disinformativa perché nella puntata di Report ci sono state varie informazioni comunicate ai telespettatori che, messe insieme hanno contribuito solo ad aumentare l’ignoranza (il non sapere) di chi non è del settore, in Italia sono in tanti, non siamo in Texas. Consideriamo che per il fracking vi è una forte pressione nel pompaggio di acqua nel pozzo, inevitabilmente questo getto provoca una sismica di terreno indotta, ma non certo da influire sulla determinazione di un terremoto. Apprezzo che lei citi le falde acquifere: vengono contaminate se non si usano i giusti criteri di sicurezza nelle operazioni, vale per l’industria petrolifera, edile, ecc. ecc. La tranquillità è sempre dettata da un’opportuna conoscenza della materia e, ad oggi, in particolar modo in Europa, se non si usa maggior trasparenza, le reazioni di paura sono del tutto normali. Dallo scorso anno FederPetroli Italia ha lanciato l’iniziativa “Operazione Trasparenza”, spiegare che cosa è il Petrolio e Gas, in particolar modo in Italia, con un dibattito e confronto aperto con l’opinione pubblica, le Amministrazioni locali ed altri. Devo dire che sono soddisfatto, il dialogo è crescente e sta dando i suoi frutti”.
Parliamo in particolare dell’effetto serra. E’ corretto affermare che durante l’estrazione viene liberato nell’atmosfera una quantità (seppur piccola) di gas metano, uno dei principali responsabili dell’effetto serra? Perché non potrebbe essere pericoloso per il riscaldamento terrestre?
“Dipende dal tipo di pozzi, avvero da qual è la conformazione chimica dell’idrocarburo. I pozzi che stiamo curando in Italia per la maggior parte hanno un gas puro, ovvero non deve essere trattato (non vi è rilascio in atmosfera). Se mi parla della Nigeria, sono stati firmati accordi di No Flaring (le famose fiammate che escono dalle torce dei campi petroliferi), le compagnie petrolifere si sono impegnate a non bruciare gas in atmosfera se non in piccole quantità. Ci sono zone del Mondo dove l’industria che rappresentiamo dovrebbe fare un Mea Culpa e passare una mano sulla coscienza. A mio avviso da oltre 15 anni il rilascio dei gas in atmosfera è minimo ed in una percentuale che ogni Stato ha identificato in base ai protocolli ambientali. Sicuramente ci sarà qualche angolo del Mondo che ne io, ne Lei, conosciamo”.
La posizione dell’Italia sullo shale gas. Il ministro Guidi ha detto no allo shale gas ma sì a nuove trivellazioni confermando l’appoggio del governo a progetti sui nuovi gasdotti, dal Tap al South Stream e offrendo compensazioni economiche per le realtà locali che accettano nuove infrastrutture. Perché lo shale gas no e i gasdotti si?
“Le dichiarazioni del Ministro Guidi di questi ultimi tempi a nostro avviso rappresentano degli slogan elettorali. La competenza di alcune strutture ed equipe istituzionali italiane non è assolutamente all’altezza di esprimere ad oggi posizioni su una materia come le tecniche di shale. Resto un po’ scettico. Il Ministro parla di politica, noi parliamo di tecnica”.
Shale Gas no e Gasdotti si, su che base?
“Un gasdotto, metanodotto o oleodotto è una struttura (pipeline) costruita ed interrata (adesso per Legge) per il trasporto del prodotto. Senza pipeline, non riusciamo a trasportare quello che estraiamo. Tutto quello che viene estratto, gas, petrolio, deve essere portato nelle case, in raffinerie, in depositi o altro, serve un tubo di trasporto. Penso che il NO pronunciato dal Ministro sia solo dettato da una decisione a carattere politico, nulla di più. A quello che fa più paura diciamo NO, ad altro diciamo SI. Il Trans Adriatic Pipeline ad oggi è bloccato perché l’Italia, in particolar modo la Regione Puglia non prende una decisione, milioni buttati al vento. South Stream: troppi interessi in gioco, la “nostra ENI” dovrebbe fare da portabandiera, invece lasciamo sempre che ci calpestino i piedi. Le compensazioni vanno studiate con criterio, i Comuni non sono animali da ammutolire con le royalties, bisogna coinvolgere dal giovane alla persona anziana e far capire cosa si vuole fare, prima di fare. Il rispetto viene prima del Petrolio”.
Ma se nel nostro Paese non si potrà estrarre lo shale gas si potrà però usare quello importato da fuori. Cosa ne pensa?
“FederPetroli Italia sta portando avanti alcuni studi per intervenire con il fracking anche su giacimenti petroliferi italiani. Stiamo studiando la possibilità di intervenire ed impiegare tecnologie di ultima generazione e ad impatto ambientale ridotto. Porteremo avanti la trasparenza su questa tecnica di trivellazione “nuova” ed esaminando sempre più a fondo la morfologia del nostro territorio. Il Dossier sarà sottoposto alle Commissione parlamentari competenti ed al Governo, prossimamente, Quando mi chiede di approvvigionamento estero, visto che riconosco la sua cultura ed informazione sull’argomento deduciamo che: i cittadini italiani continuano a regalare denaro per approvvigionamento estero, quando abbiamo la ricchezza a casa nostra. La disoccupazione è alle stelle, ma quella dei paesi esportatori no. In Italia abbiamo stimato per i prossimi 10/15 anni riserve di idrocarburi che potrebbero soddisfare più del 47% del fabbisogno interno. E invece….
Ritengo che in una geopolitica di rapporti di cooperazione bilaterale anche i contratti con paesi esteri devono esistere ma, è ora di mettere in produzione i nostri giacimenti, sfruttare la nostra ricchezza. Abbiamo pozzi che aspettano solo di essere aperti, ovvero, il famoso “rubinetto”, quindi non c’è bisogno di trivellare (perforare termine esatto), e noi anche con i pozzi già pronti: siamo fermi.”
Ho letto che Enel, tramite la controllata Endesa, porterà il gas di produzione Usa in Italia entro il 2019. Mentre il G7 Energia è stato l’occasione per la firma di un documento in cui il Canada si impegna a valutare la possibilità di esportare a sua volta lo shale gas ai nostri rigassificatori. Ci spiega meglio?
“Due forme di approvvigionamento estero al cento per cento. Stiamo parlando di gas che viene caricato su una nave gasiera a temperature che lo rendono liquido per facilitare il trasporto e ridurre il volume, per poi essere immesso in un impianto rigassificatore e ritornare allo stato gassoso. L’esportazione di idrocarburo negli Stati Uniti d’America non è permessa (vi è divieto dagli anni 70) se non dopo un processo di raffinazione, solo adesso l’indotto petrolifero statunitense sta facendo pressione su una politica energetica estera più definita. In parole povere non sanno più come smaltire il surplus di greggio. In Canada vi sono Leggi diverse e quindi Enel ha sfruttato il momento per chiudere una partita sicuramente vantaggiosa per i propri bilanci.
Adesso mi darà la possibilità di affermare che il G7 Energia in Italia non c’è stato. Si è parlato di energia, ma l’Italia è stata solo ad ascoltare.
L’America e lo shale gas. Grazie allo sfruttamento dei giacimenti di shale gas e di altro gas non convenzionale, la produzione interna degli Stati Uniti è aumentata del 50% e ha toccato quota 624 miliardi di m3 (2009), con oltre il 10% di shale gas e prospettive al 2035 di una produzione di gas da shale pari al 26% della produzione nazionale di gas. Si tratta di numeri importanti. Se il nostro Paese dovesse cambiare idea e abbandonare la politica della cautela potrebbe succedere anche da noi?
“Si, Petrolio e Gas ma con moderazione. Possiamo fare ancora tanto, anche con i pozzi convenzionali. Il nostro Paese è fatto anche di natura, di bellezze, di ruralità e di cultura. Noi italiani siamo persone con un affetto diverso per la propria terra, abbiamo contesti geografici diversi dagli Stati Uniti e dall’Arabia Saudita. Escludo nel modo più assoluto che il nostro paese possa diventare un pezzo di terra con torri di perforazione (derrick) in sequenza. Non c’entra la politica della cautela, è importante solo una maggiore apertura al settore energetico (petrolio, gas, altro), la cautela resta la stessa e deve essere fattore dominante di tutte le operazioni, in qualsiasi contesto. Come ho detto prima, cercheremo di far capire all’Italia quanta ricchezza abbiamo nel nostro sottosuolo, e l’impatto di notevole riduzione del costo sulla bolletta energetica delle famiglie e sull’acquisto di carburante nelle stazioni di servizio se apriamo i nostri rubinetti. Vedrà che anche i “nostri numeri” di bilancio dello Stato cambieranno”.
Ultima domanda sull’attualità ma stavolta parliamo di petrolio. In una lettera al Messaggero l’ex premier Prodi ha detto che il nostro Paese è in Europa al primo posto per riserve di petrolio non utilizzate: per esempio in Basilicata e nelle terre limitrofe ci sarebbero giacimenti che andrebbero sfruttati perché altrimenti verrebbero presi dalla Croazia. Lei cosa ne pensa? Come stanno le cose?
“Quando dice parliamo di Petrolio è risaputo che scrivo il nome di questo “Signore” con la lettera Maiuscola. Sta intervistando una persona che ha gli occhi lucidi quando arriva su una piattaforma o va in visita sui pozzi, non scherzo, la invito a fare una gita in mia compagnia in un cantiere! Mi rallegra che l’ex Presidente della Commissione Europea e quasi Presidente della Repubblica si sia pronunciato con le mie stesse parole del Novembre 2013, “usiamo i nostri giacimenti ed apriamo i rubinetti”. Anche se fosse stato più utile se le avesse pronunciate quando era Presidente a Bruxelles, l’aiuto sarebbe stato diverso. Sia nella mia veste di imprenditore petrolifero, sia come rappresentante di FederPetroli Italia, continuo a dirlo, anzi il premier Renzi ha avuto da FederPetroliItalia sul suo tavolo qualche settimana prima di diventare presidente del Consiglio una missiva, seguito ad un incontro con la sua Segreteria economica al Nazareno, dove venivano illustrati i piani di sviluppo idrocarburi in Italia, l’indotto occupazionale esistente e futuro e le problematiche. Ma vediamo che Renzi non tocca il tema della politica energetica…….
La Basilicata per nostra fortuna è ancora un Eldorado di idrocarburi, il Mar Adriatico ha ingenti riserve di gas (metano) e olio (petrolio) e la Croazia da poche settimane ha aperto il Bid Round (offerta) alle aziende interessate a nuove esplorazioni, considerando che il Mar Adriatico è di entrambi, la Croazia è più veloce di noi. Penso che la politica dovrebbe investire di più su cosa è l’energia in Italia. Da tempo stiamo lavorando alla ridefinizione di una nuova Politica Energetica Nazionale ed ad una nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN) che consideri davvero l’indotto energetico dell’Italia. Abbiamo bisogno prima di una nuova Strategia Energetica, di una riorganizzazione delle Unità e degli Uffici istituzioni e tecnici competenti in materia. L’Italia ha bisogno di persone competenti in materia petrolifera ed energetica completa: petrolifera, energia alternativa e di tutte le fonti. Ad oggi queste persone mancano!”